domenica 14 marzo 2010

Da "La lunga notte del dottor Galvan" (D. Pennac)

"Io lasciavo correre la fantasia di mio padre, ma facevo di testa mia; sapevo che non sarei mai stato l'uomo di una sola specialità. La mia specialità sarebbe stata il pronto soccorso: tutti i mali dell'uomo, i mali di tutti gli uomini, come dire tutte le specialità."
"Non avevo ancora scavato le mie fondamenta e già mi credevo la statua di me stesso."
"La vita è ricca di premi di consolazione."
"Ma che ti prende, Galvan? Che ti prende oggi? Cosa sono queste immagini del cazzo,, questa emotività, questi cedimenti a raffica? Tutto ciò sa bestialmente di una crisi di empatia!"
"La prima volta ero rimasto incantato dall'afflusso di quel raggio di sole nella siringa - sì, il liquido cerebro-spinale è giallo sole. Perciò le prime volte mi ero detto stoltamente: - Eccola qua la vita, allora siamo pieni di sole!"
"Effluvio di solitudine, miasmi di abbandono, quell'alito della sventura... come un'enorme pelle rivoltata. Ciò che la notte fa alla persone quando abbassano la guardia!"
"[...] ero lo sguardo del bambino che crede di poter impedire alla candela di spegnersi."

2 commenti:

.: Rents :. ha detto...

Credo di aver letto, ahimé, solo questo libricino di Pennac...davvero sfizioso!
Quando mi deciderò a leggere anche gli altri? :)

M.

Sylvie Malaussène ha detto...

Clinica universitaria Postel-Couperin, domenica notte, venti anni fa. La luna piena splende sul pronto soccorso. Il dottor Gerard Galvan si muove instancabile tra suture, iniezioni, infarti, attacchi d’asma, sognando il suo futuro biglietto da visita: “La mia specialità sarebbe stata il pronto soccorso: tutti i mali dell’uomo, i mali di tutti gli uomini, come dire tutte le specialità”.

Ad un tratto il paziente che “non si sente tanto bene” crolla a terra. In un crescendo comico e surreale, Galvan inizia a correre da un reparto all’altro dell’ospedale. Al cospetto degli specialisti, ognuno rappresentato dal proprio biglietto da visita, il mal di pancia lascia il posto all’epilessia che diventa insufficienza respiratoria che si trasforma in un attacco di cuore.

Quello sulla barella non è un malato qualunque: è l’uomo indeciso tra tutte le morti possibili. E lui non è un dottore qualunque, lui è Gerard Galvan, il medico che lo salverà ad ogni costo. Dopo aver corso ininterrottamente in lungo e in largo, in preda al senso di colpa per aver ignorato quel “non mi sento tanto bene”, Galvan è costretto a tornare al pronto soccorso. Poche ore dopo scopre che il paziente è sprofondato in coma, va nella sua stanza, deciso a vegliarlo, ma si addormenta. Al risveglio il letto è vuoto e quel che è peggio è che Galvan non ha la più pallida idea di cosa sia successo.

Un romanzo esilarante in cui il malato dei malati sfida il dottore dei dottori, un finale a sorpresa che lascerà il lettore a bocca aperta. Una scrittura immediata e vorticosa fino all’esasperazione si combina con un umorismo brillante e audace. Personaggi comici e bizzarri vivono allegramente nelle situazioni più assurde. La risata e la malinconia s’incontrano e si perdono continuamente di vista. Tutto questo è il mondo di Pennac, quello che lui stesso definisce “un lago di una limpidezza impeccabile in cui un mattacchione avesse versato un’unica goccia di inverosimiglianza, ma straordinariamente concentrata”.