lunedì 29 marzo 2010

Da "Che animale sei?" (P. Mastrocola)

"A mio figlio, che a quattro anni mi chiese: ma un gatto lo sa di essere un gatto?"
"Resta il fatto che lei nacque in curva. E nascere in curva, cioè sbandando a una curva la notte di Natale, non è il massimo."
"Ci misero un po' a capirsi perché a volte non basta parlarsi per capirsi."
"E cioè che, quando uno nasce, non sa chi è. Certo, come fai a sapere chi sei? Ci vuole qualcuno che te lo dica. E se nessuno te lo dice, tu non puoi sapere chi sei, giusto? Giusto."
"Quando hai un padre così, che ogni giorno sente il bisogno urgente di dirti chi sei, alla fine te lo appiccichi in testa eccome chi sei, non ti va via mai più."
"Non capiva perché non si lasciava il mondo com'era, invece di affannarsi tanto a cambiarlo."
"Forse a volte la nostra felicità rende infelice un altro, e viceversa."
"Quando ci succedono delle cose tristi, la prima cosa che abbiamo voglia di fare è di andarcene lontano. Ci sembra che, facendo così, le cose tristi le lasciamo dove sono. Invece loro non stanno ferme, vengono via con noi."
"Ed è molto bello quando uno capisce qualcosa in più di come è fatto."
"E' incredibile come, anche nelle situazioni più drammatiche, scomode o complicate, noi ci fermiamo a guardare i particolari."
"Era sua profonda convinzione infatti l'idea che tutto a questo mondo passa, anche le domande: bisogna solo lasciarle passare e non instestardirsi a volervi rispondere a tutti i costi. La stessa cosa, secondo lei, valeva per le lettere, i messaggi della segreteria telefonica e l'email: si poteva benissimo non rispondere a nulla di tutto ciò, bastava avere la pazienza di lasciar passare il tempo."
"O la vita è così e basta, il tempo non è mai quello giusto, le cose devono andare in un altro modo, e non è mai vero che siamo noi a decidere come devono andare le cose, le cose vanno come vogliono loro."
"Tutto un passeggìo di estati, la vita."
"Inutile fare tante storie e starsene in disparte ad aspettare che nella vita le cose ti arrivino, perché da sole non arrivano mai [...]."
"E' sempre così, ce la prendiamo solo con chi ci vuol bene."
"Il mare da lontano non è come il mare da vicino: è fermo, ed è più grande. Sembra finto. Non fa odore e non fa rumore, e così si può pensare di esserselo sognato. Poi si scende fin giù a vedere se invece esiste per davvero e, quando si scopre di sì, che il mare c'è, è lì davanti e ha odore di mare, fa le onde e gli spruzzi e dentro ci sono anche i pesci, allora si è veramente felici. Come quando scopri che quel che hai sognato non era un sogno, era vero. Ma per provare questa felicità, devi aver pensato, anche solo una volta, che era tutto finto. Devi vederlo anche solo una volta, il mare da lontano."
"Meglio starsene a casa. Magari nella tana del lupo che, vista dall'alto, era davvero un puntolino microscopico. Ma per lei era il posto più grande del mondo."
"Chi l'avrebbe detto mai che l'unico mondo che non si vede, il mondo più nascosto di tutti, era il migliore dei mondi possibili?"
"Le sembrò di capire, in un attimo, che tutto passa e niente in verità mai passa [...]."

1 commento:

Sylvie Malaussène ha detto...

Possiamo nascere in tanti modi. Lei venne alla luce da un camion che sbandava in curva. Continuò a rotolare e finì dritta in una pantofola di pelo a forma di topo. Si nutrì senza fatica perché, guarda caso, il bidone della spazzatura era proprio sopra di lei. E non ebbe altra scelta: quella pantofola, che l’aveva accolta e riscaldata appena nata, non poteva che essere la sua mamma.

Il problema però era un altro: come poteva sapere chi era lei se non aveva nessuno che glielo svelasse? Non le restò che andare per il mondo e scoprirlo.

La nostra tenera protagonista, che scopriremo essere un’anatroccola, inizia così un viaggio alla ricerca della propria identità attraverso mondi popolati da altri animali, in preda a sentimenti e nevrosi tipicamente umani: castori ingegneri che lavorano tutto il giorno senza sosta e senza perché, pipistrelli politici che corrono continuamente tra comizi e priorità, la Zona Zampa Lunga, dove possono vivere solo uccelli con zampe lunghissime, il Club degli Anatri, covo di invidia e meschinità in cui tenterà di entrare credendo di essere una di loro.

In questi microcosmi la piccola pennuta conosce affanni che non riesce a comprendere e si rifugia nell’amicizia di chi è solo come lei perché diverso, unico: il castoro pensatore, il pipistrello inetto, il lucertolo innamorato. Capirà che far parte di un gruppo significa il più delle volte annullare la propria singolarità in nome di un ideale incomprensibile e sentirsi tragicamente soli.

Le sue migliori amiche diverranno le talpe, creature destinate alla cecità e proprio per questo insensibili alle apparenze e vicine all’anima di coloro che incontrano.

E poi, come ogni fiaba che si rispetti arriverà l’Amore: prima quello che devasta perché non c’è, poi quello vero, architettato dal gioco del destino.

Scritta per i bambini e pensata per gli adulti, questa favola ci ricongiunge con la nostra parte più infantile e ci ricorda che spesso, per capire chi siamo, a volte dobbiamo scoprire chi non vogliamo essere: “Chi l’avrebbe detto mai che l’unico mondo che non si vede, il mondo più nascosto di tutti, era il migliore dei mondi possibili?”