sabato 7 giugno 2008

Da "Gomorra" (R.Saviano)

"Quando tutto ciò che è possibile è stato fatto, quando talento, bravura, maestria, impegno vengono fusi in un'azione, in una prassi, quando tutto questo non serve a mutare nulla, allora viene voglia di stendersi a pancia sotto sul nulla, nel nulla. Sparire lentamente, farsi passare i minuti sopra, affondarci dentro come fossero sabbie mobili. Smettere di fare qualsiasi cosa. E tirare, tirare a respirare. Nient'altro.[...] Perché quando qualcuno conosce una cosa solo nel perimetro della propria carne e del proprio cranio è come se non la sapesse. E così il lavoro quando serve solo a galleggiare, a sopravvivvere, solo a se stessi, allora è la peggiore delle solitudini. [...] Sono sicuro che Pasquale, da solo, qualche volta, magari quando ha finito di mangiare, quando a casa i bambini si sono addormentati sfiancati dal gioco a pancia sotto sul divano, quando la moglie prima di lavare i piatti si mette al telefono con la madre, proprio in quel momento gli viene in mente di aprire il portafogli e fissare quella pagina di giornale. E sono sicuro che, guardando quel capolavoro che ha creato con le sue mani, Pasquale è felice. Una felicità rabbiosa. Ma questo non lo saprà mai nessuno."
"Ti senti gonfio come dopo una mangiata o una bevuta di pessimo vino. Una paura che non esplode nei manifesti per strada o sui quotidiani. Non ci sono invasioni o cieli coperti di aerei, è una guerra che ti senti dentro. Quasi come una fobia. Non sai se mostrare la paura invece di nasconderla. Non riesci a comprendere se stai esagerando o sottovalutando. [...] E ci si sente intrappolati, spalla a spalla, trovando insopportabile il calore dell'altro."
"Mentre mi allontanavo, mentre portavano via Attilio Romanò, iniziai a capire. A capire perché non c'è momento in cui mia madre non mi guardi con preoccupazione, non comprendendo perché non me ne vado, perché non fuggo via, perché continuo a vivere in questi luoghi d'inferno."
"Quella notte Secondigliano era silenziosa e stremata, Senza giornalisti ed elicotteri. Senza vedette e pali. Un silenzio che faceva venire voglia di dormire, come di pomeriggio sulla sabbia ì con le braccia intrecciate sotto la nuca non pensando più a niente."
"Qui però non esiste attimo in cui il mestiere di vivere non appaia una condanna all'ergastolo, una pena da scontare attraverso un'esistenza brada, identica, veloce, feroce."
" - Robbe', cos'è un uomo senza laurea e con la pistola?
- Uno stronzo con la pistola...
- Bravo. Cos'è un uomo con la laurea e senza la pistola?
- Uno stronzo con la laurea...
- Bravo. Cos'è un uomo con la laurea e con la pistola?à
- Un uomo, papà!
- Bravo Robertino."
" - Li vedi quelli. Sono loro che comandano veramente. Sono loro che decidono tutto! C'è chi comanda le parole e chi comanda le cose. Tu devi capire chi comanda le cose e fingere di credere a chi comanda le parole. Ma devi sempre sapere la verità in corpo a te. Comanda veramente solo chi comanda le cose."
"Scegliere di salvare chi deve morire significa voler condividerne la sorte, perché qui con la volontà non si muta nulla. Non è una decisione che riesce a portarti via da un problema, non è una presa di coscienza, un pensiero, una scelta, che davvero riescono a darti la sensazione di star agendo nel migliore dei modi. Qualunque sia la cosa da fare, sarà quella sbagliata per qualche motivo. Questa è la vera solitudine."
"La vita ti chiede sempre ciò che sei capace di affrontare."
"Un posto dove fosse ancora possibile riflettere senza vergogna sulla possibilità della parola.La possibilità di scrivere dei meccanismi del potere, al di là delle storie, oltre i dettagli. Riflettere se era ancora possibile fare i nomi, a uno a uno, indicare i visi, spogliare i corpi dei reati e renderli elementi dell'architettura dell'autorità. Se era ancora possibile inseguire come porci da tartufo le dinamiche del reale, l'affermazione dei poteri, senza metafore, senza mediazioni, con la sola lama della scrittura."
"Io so e ho le prove. [...] E la verità della parola non fa prigionieri perché tutto divora e di tutto fa prova. E non deve trascinare controprove e imbastire istruttorie. Osserva, soppesa, guarda, ascolta. Sa. Non condanna in nessun gabbio e i testimoni non ritrattano. Nessuno si pente. Io so e ho le prove. [...] Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi, raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. Io vedo, trasento, guardo parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando sussura: - E' falso - all'orecchio di chi ascolta le cantilene a rima baciata dei meccanismi di potere. La verità è parziale, in fondo se fosse riducibile a formula oggettiva sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi racconto. Di queste verità."
"Io so e ho le prove. Non faccio prigionieri."
"Don Peppino scavò un percorso nella crosta della parola, erose dalle cave della sintassi la potenza che la parola pubblica, pronunciata chiaramente, poteva ancora concedere. Non ebbe l'indolenza intellettuale di chi crede che la parola ormai abbia esaurito ogni sua risorsa che risulta capace solo di rimepire gl spazi tra un timpano e un altro. La parola come concretezza, materia aggregata di atomi per intervenire sui meccanismi delle cose, come malta per costruire, come punta di piccone. Don Peppino cercava una parola necessaria come secchiata d'acqua sugli sguardi imbrattati."
"Qui tutto ciò che fai rimane nel perimetro degli spazi ristretti, nella condivisione dei pochi. E' proprio in questa solitudine credo, che si foggia quello che potrebbe chiamarsi coraggio, una sorta di panoplia a cui non pensi, te la porti addosso senza rendertene conto. Vai avanti, fai quello che devi fare, il resto non vale nulla. perché la minaccia non è sempre una pallottola tra gli occhi o i quintali di merda di bufala che ti scaricano fuori la porta di casa. Ti sfogliano lentamente. Una foglia al giorno, fin quando ti trovi nudo e solo a credere che stai combattendo con qualcosa che non esiste, che è un delirio del tuo cervello. Inizi a credere alle calunnie che ti indicano come un insoddisfatto che se la prende con chi è riuscito e per frustrazione li chiama camorristi. Giocano con te come con lo shangai. Tolgono tutte le bacchette di legno senza farti muovere, così alla fine rimani da solo e la solitudine ti trascina per i capelli. E' uno stato d'animo che qui non ti puoi permettere. E' un rischio, abbassi la guardia, non riesci più a comprendere i meccanismi, i simboli, le scelte. Rischi di non accorgerti più di niente. E allora devi dare fondo a tutte le tue risorse. Devi trovare qualcosa che carburi lo stomaco dell'anima per andare avanti. Cristo, Buddha, l'impegno civile, la morale, il marxismo, l'orgoglio l'anarchismo, la lotta la crimine, la pulizia, la rabbia costante e perenne, il meridionalismo. Qualcosa. Non una gancio cui appendersi. Piuttosto una radice sotto terra, inattaccabile. Nell'inutile battaglia in cui sei certo di ricoprire il ruolo di sconfitto, c'è qualcosa che devi preservare e sapere. Devi essere certo che si rafforzerà grazie allo spreco del tuo impegno che ha il sapore della follia e dell'ossessione. Quella radice a fittone che si incunea nel terreno ho imparato a riconoscerla negli sguardi di chi ha deciso di fissare in volto certi poteri."
"Chiudersi, diventare silenzioso, quasi muto, una volontà di scappare dentro di sé e smettere di sapere, di capire, di fare. Smettere di resistere, una scelta di eremitaggio presa un momento prima di sciogliersi nei compromessi dell'esistente."
" - Mi manda chi a vita va po' ddà e va po' pure llevà!"
"Non sono mai riuscito a sentirmi distante, abbastanza distante da dove sono nato, lontano dai comportamenti delle persone che odiavo, realmente diverso dalle dinamiche feroci che schiacciavano vite e desideri. Nascer ein certi luoghi significa essere come il cucciolo del cane da caccia che nasce già con l'odore di lepre nel naso. Contro ogni volontà, dietro la lepre ci corri lo stesso: anche se poi, dopo averla raggiunta,, puoi lasciarla scappare serrando i canini. E io riuscivo a capire i tracciati, le strade, i sentieri, con ossessione incansapevole, con una capacità maledetta di capire sino in fondo i territori di conquista."
"Sapere, capire diviene una necessità. L'unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare."
"Era un pensiero ridicolo, ma in alcuni momenti non c'è altro da fare che assecondare i tuoi deliri come qualcosa che non scegli, come qualcosa che subisci e basta. Avevo voglia di urlare, volevo gridare, volevo stracciarmi i polmoni, come Papillon, con tutta la forza dello stomaco, spaccandomi la trachea, con tutta la voce che la gola poteva ancora pompare: - MALEDETTI BASTARDI, SONO ANCORA VIVO!"

1 commento:

Anonimo ha detto...

Tutti i bambini hanno sogni,
a volte incubi.
Per i bambini palestinesi solo incubi,
ma non stanno affatto dormendo,
vedi:

http://guerrillaradio.iobloggo.com/archive.php?eid=1716