martedì 2 settembre 2008

Da "Il presidente" (G. Simenon)

"Era come se volesse innalzare intorno a sé un muro, o meglio come se si rannicchiasse sotto una coperta per non sentire più nulla al di fuori della sua personale esistenza."
"Quegli accessi avevano su di lui lo stesso effetto dell'alcol, che non sempre toglie la lucidità ma a volte la moltiplica."
"A quaranta, a cinquant'anni, riteneva ancora di capire a fondo gli uomini e dava giudizi senza incertezze né rimorsi. A sessant'anni era già meno sicuro di sé e ora procedava solo a tentoni cercando verità provvisorie."
"Strano come gli eventi possano concatenarsi nel tempo e nello spazio, creando bizzarri arabeschi..."
"C'era stata davvero una dissociazione passeggera tra la sua mente e il suo corpo, con quest'ultimo che rimaneva inerte, mentre l'altra, ancora agile, descriveva cerchi - al pari di un uccello - in mondi talvolta sconosciuti, talvolta non troppo lontani dalla realtà?"
"Non aver bisogno di pensare gli procurava una sensazione strana - gradevole e angosciosa insieme."

1 commento:

Sylvie Malaussène ha detto...

Simenon dipinge il ritratto di un grande statista, giunto al tramonto della sua esistenza.
Il romanzo si articola tra i passaggi dedicati alla tranquillità della campagna nella quale il protagonista si è ritirato e le rievocazioni dei personaggi politici e degli intrighi di palazzo che hanno segnato il suo tempo.
Tra rancore, rimpianto e rabbia per un mondo politico che non riconosce più e che sembra averlo dimenticato, il presidente si prepara a dare l'addio al mondo.