giovedì 29 marzo 2012

Da "La gita a Tindari" (A. Camilleri)


"Visto che non erano arrinisciuti a cangiare la società, avevano cangiato se stessi."
"Capì che la sofferenza gli si stava cangiando in una rabbia insensata e stupida. Si vrigognò: quello che in quel momento stava pinsàndo non era cosa che gli apparteneva."
"Sempre, nel corso di ogni indagine che si era venuto a trovare tra le mani, c'era stato un giorno, anzi, un preciso momento di un certo giorno, nel quale un inspiegabile benessere fisico, una felice leggerezza nell'intrecciarsi dei pinsèri, un armonioso concatenamento di muscoli, gli davano la certezza di poter camminare per strada ad occhi inserrati, senza inciampare o andare a sbattere contro qualcosa o qualcuno. Come capita, certe volte, nel paese del sogno. Durava picca e nenti, quel momento, ma era bastevole. Ormai lo sapeva per spirènzia, era come la boa della virata, l'indicazione della vicina svolta: da quel punto in poi ogni pezzo del puzzle, che è poi l'indagine, sarebbe andato da sé al posto giusto, senza sforzo, bastava quasi solo volerlo."
"Nuttata persa e figlia fìmmina."
"In qualche parte del mondo che non si capiva, perché le facce di tutti quelli che patiscono l'orrore sono tutte uguali."

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