giovedì 1 novembre 2007

Da "Ti prendo e ti porto via" (N. Ammaniti)

"Non bisogna credere a quelli che ti dicono che, per apprezzare le cose della vita, bisogna farsi il culo. Non è vero. Ti vogliono fottere. Il piacere è una religione e il corpo è il suo tempio."
"Sono uniti da un arco voltaico che fonde le loro individualità, che li trasforma in metà imperfette di un essere completo. Solo insieme saranno felici, come angeli con un'ala sola, dal loro abbraccio ci sarà il volo e il paradiso."
"La cosa , si disse, sarebbe passata perché nella vita le cose passano sempre, come in un fiume. Anche le più difficili, che ti sembra impossibile superare, le superi e in un attimo te le trovi dietro alle spalle e devi andare avanti."
"E non è vero quello che dicono che sbagliando s'impara, non è assolutamente vero, esistono persone che sbagliando non imparano proprio niente, anzi, continuano a sbagliare convinte di essere nel giusto (o incoscienti di ciò che fanno) e con la gente così la vita, di solito, è cattiva, ma anche questo d'altronde non significa nulla, perché queste persone sopravvivono ai loro errori e vivono e crescono e amano e mettono al mondo altri esseri umani e invecchiano e continuano a sbagliare. Questo è il loro dannatissimo destino."

3 commenti:

Sylvie Malaussène ha detto...

Uno straordinario Ammaniti che travolge il lettore con uno stile brutale, cruento ma anche vivido e reale. I personaggi sono tratteggiati attraverso un meraviglioso equilibrio tra descrizioni dell'animo e scelte concrete di vita. Il finale, lontano da ogni convenzione dell'happy end, lascia basiti, increduli con un unico insegnamento: ogni decisione, giusta o sbagliata che sia, è irrimediabile nelle sue conseguenze. E spesso non si può più tornare indietro.

Laura ha detto...

Ero certa che avresti scelto queste parti.
E’ decisamente un libro che parla di forti sentimenti, ci si trova in breve tempo immersi nella quotidianità di ragazzi, uomini, donne, adulti che si scoprono bambini, donne cha avrebbero voglia di esserlo, insomma di personaggi che non hanno nulla di artificioso e per questo, a parer mio, tanto coinvolgenti. Vengono disegnati con precisione i tratti di personalità passionarie , individui per alcuni versi disillusi , per altri ancora in cerca di una rivincita, segretamente desiderosi di una vita diversa, si parla insomma di animi tormentati da rabbia, amore, gelosia, ingenuità, amicizia, rivalità… un viaggio tra umane debolezze a volte tanto umane nella loro bassezza da rivelarsi distruttive.
In particolare per me leggere di quella professoressa Palmieri entrata in punta di piedi nella storia, e ben presto diventatane il fulcro, è stato un po’ come obbligarmi a guardarmi allo specchio.
Mi viene in mente quando Marciano con tanta enfasi ci parlava di catarsi …
Ma, a prescindere da ciò che mi lega in modo particolare a questo libro, credo davvero che per chiunque sia impossibile non farsi portare via dalle sue pagine.

Sylvie Malaussène ha detto...

La confessione di Pietro e il ritorno di Graziano dalla Giamaica sono i momenti più belli e più tragici...le loro scelte li portano a diventare persone diverse, nuove... proprio loro che sembravano così incapaci di evolvere e di uscire dalla loro condizione stereotipata...peccato che tutto questo abbia un drammatico senso di non-ritorno...non ci sono seconde possibilità...sono gli eroi tragici del nostro tempo...inchiodati tra l'incapacità di prendere una decisione e l'errore di farlo troppo tardi...